Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio 2008: un sunto
22/09/2008
“-Sviluppare globalmente la consapevolezza che il suicidio è una delle cause di morte che più di ogni altra può essere prevenuta. -Descrivere l’organizzazione a livello politico e i punti chiave per una strategia preventiva del suicidio, tenendo conto di una linea guida a livello nazionale. - Evidenziare da un punto di vista pragmatico i numerosi programmi di prevenzione sottolineando le linee guida politiche, le possibili fonti di finanziamento, i risultati delle ricerche e le attività collocate localmente nei vari strati della comunità”.
In poche parole “Pensare globalmente, organizzare nazionalmente, agire localmente”, sono questi i temi essenziali trattati a Roma presso l’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea lo scorso 10 Settembre in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione al Suicidio 2008 organizzata dall’Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio (International Association for Suicide Prevention, IASP) e cosponsorizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Numerosi gli intervenuti che si sono avvicendati tra cui: M. Amore, M. Coi, D. De Leo, S. Erracuti, P. Girardi, J. Mannu, G. Meneghel, G. Placidi, M. Pompili, M. Raja, K. Ronan, D. Rucli, M. Sarchiapone, P. Scocco, A. Siracusano, R. Tatarelli.
La WHO (World Health Organization) stima che ogni anno nel mondo muoiano un milione di persone per suicidio. Questi numeri rappresentano un tasso di mortalità per suicidio di 14,5 su 100.000 abitanti. La realtà è che ogni minuto, nel mondo, avvengono più di due morti per suicidio. In molti paesi industrializzati il suicidio può essere la seconda o la terza causa di morte tra gli adolescenti e i giovani adulti. E’ considerato inoltre essere la tredicesima causa di morte in tutto il mondo per persone di tutte le età.
Dalle relazioni è emerso che internazionalmente c’è un ampio consenso relativo ai tipi d’intervento efficaci nella prevenzione al suicidio. I piani nazionali si articolano in linee guida specifiche che vengono adattate alle necessità nazionali. Comunque, la traduzione di questi impegni richiede un’efficace applicazione a livello locale, dove i piani nazionali devono essere adattati ed applicati allo scopo di distinguere le specifiche necessità ecologiche, economiche e culturali delle singole comunità. Inoltre, mentre gli sforzi nazionali e globali possono necessitare anche di anni per portare degli effettivi miglioramenti, gli sforzi comunitari possono avere dei tempi decisamente più ristretti.
E’ stato forte il messaggio di sensibilizzazione rivolto all’intera comunità che è emerso dal congresso, e cioè quello che evidenzia che “La prevenzione del suicidio è un campo d'interesse ancora giovane. Nonostante il gran numero di ricerche dedicate ai fattori di rischio e ai comportamenti suicidari, solo recentemente i dati emersi da questo tipo di ricerche si stanno trasformando in programmi dedicati alla prevenzione e alla riduzione del rischio. E’ necessario pertanto che gli enti, le associazioni a scopo benefico, le comunità, i ricercatori, i clinici, i medici di base, i politici, i volontari e tutti coloro che hanno avuto a che fare con il suicidio, indirizzino l’attenzione sul peso inaccettabile e sui costi delle condotte suicidarie, e promuovino la comprensione del suicidio mettendo in primo piano attività di prevenzione più efficaci”.
Un dato interessante di recenti studi è che il più forte fattore di rischio per il comportamento suicidario nei paesi ad alto reddito è il disturbo mentale, dove invece un disturbo associato al controllo degli impulsi è il fattore più forte negli studi in paesi a basso reddito. Queste scoperte, emerse da studi globali, evidenziano il fatto che il comportamento suicidario è un fenomeno complesso e solitamente una sola causa non è sufficiente a spiegare un atto suicidario.
Durante gli ultimi tre decenni la raccolta di elementi di conoscenza in ambito di suicidio, hanno portato alla raccolta di elementi di tipo biologico, culturale, psicologico e contestuale che possono influenzare il rischio di suicidio. Tutti questi svariati fattori di rischio tendono ad agire in maniera cumulativa sull’aumento del rischio di suicidio. Il fatto che esistano cause multiple per il comportamento suicidario, e non solo una immediatamente identificabile con un alto rischio di suicidio, implica il fatto che l’azione preventiva debba essere pertanto applicata su diversi fronti e che ognuno di questi provvedimenti possa portare a dei benefici nella diminuzione del rischio di suicidio.
“Pensare globalmente, pianificare razionalmente, agire localmente è di particolare rilevanza se si considerano le applicazioni locali di piani nazionali per la prevenzione del suicidio e lo sviluppo di attività di prevenzione ad un livello locale dove piani nazionali non esistono”.
Cosa si fa in ToscanaSembra emergere nelle zone montane della Toscana un forte di rischio di disagio sociale più evidente nei maschi, residenti in aree collinari interne, rurali, a bassa densità abitativa e poco popolate. Sono numerosi gli aspetti di criticità che influiscono sulla qualità della vita di coloro i quali vivono in queste zone; un esempio giunge dalle recenti ricerche effettuate sul fenomeno del suicidio all’interno della Regione Toscana che evidenziano numeri preoccupanti soprattutto in prossimità di alcune aree montane, dove è stato rilevato un tasso di suicidio a tratti superiore alla media regionale.
Alla luce di questo l’UNCEM Toscana in accordo con la Regione Toscana (assessorato Politiche Sociali e Sanità) ha deciso di intraprendere un percorso di intervento sperimentale nelle zone montane che vada a rilevare, spiegare scientificamente e intervenire operativamente su fattori di criticità quali l’isolamento sociale, l’uso problematico di alcool e la violenza sulle donne e sui minori, fattori che possono essere correlati positivamente al fenomeno suicidario.
Nei quindici anni del periodo di osservazione 1987-2001, in Toscana sono stati registrati 4.847 decessi per suicidio (circa 323 morti per anno), equivalenti ad un tasso grezzo di 9,1 decessi ogni 100.000 abitanti. Rappresenta il 17,4% dei decessi per traumi, cioè la terza causa di morte violenta dopo cadute (34,2%) e incidenti stradali (28,3%). I valori più elevati, significativamente maggiori della media regionale, si registrano nei territori dell'USL di Siena (9,2 x 100.000 ab., CI95%: 8,3- 10,1) e di Grosseto (8,3 x 100.000 ab., CI95%: 7,4-9,2). Al contrario, tassi significativamente inferiori a quelli regionali si riscontrano nelle USL di Massa Carrara (5,5 x 100.000 ab., CI95%: 4,7-6,3), di Lucca (5,5 x 100.000 ab., CI95%: 4,8-6,3) e di Pisa (5,9 x 100.000 ab., CI95%: 5,2- 6,5). Tra i metodi suicidari, prevale l'impiccagione (34,8% dei suicidi), seguita, in ordine decrescente di numerosità, dall'arma da fuoco (20,7%), e dalla precipitazione (20,3%).
Il percorso-pilota di studio e analisi del fenomeno del suicidio si espleterà attraverso un intervento triennale 2008-2010 volto a monitorare, cioè a conoscere il fenomeno nel singolo territorio, e allo stesso tempo improntare immediate azioni di intervento e prevenzione, avviando così un percorso assistenziale terapeutico nelle aree interessate dall'indagine.
La finalità del progetto consiste nell'attivazione di un percorso specialistico terapeutico assistenziale che avrà come fine la presa in carico globale del soggetto da un punto di vista psico-medico-sociale per un reinserimento nei seguenti ambiti: ambito familiare, ambito scolastico, ambito lavorativo, ambito sociale (centri diurni, circoli per anziani, sportelli di consulenza psicologica ecc.).
L'obiettivo finale è quello di ridurre, nelle zone oggetto d’indagine, il tasso di suicidi del 10% con la prospettiva di attivare a partire dal 2011 un sistema di sorveglianza permanente a regime. Le fasi dell’intero progetto sono consultabili sul link http://www.montagnainsalute.it/on-line/Home.html, un portale dedicato allo studio-intervento, quale strumento di lavoro e interazione del Gruppo di Lavoro Regionale, operatori del settore e non.
La situazione complessiva sul fenomeno suicidario, soprattutto nelle aree interne montane toscane, deve far riflettere, ma soprattutto deve far pensare a come poter contenere un fenomeno così dilagante e allo stesso tempo micidiale che esprime un sintomo del grosso disagio che sta interessando sempre più i singoli individui ma che coinvolge l'intera società.
di Davide Lacangellera
In poche parole “Pensare globalmente, organizzare nazionalmente, agire localmente”, sono questi i temi essenziali trattati a Roma presso l’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea lo scorso 10 Settembre in occasione della Giornata Mondiale per la Prevenzione al Suicidio 2008 organizzata dall’Associazione Internazionale per la Prevenzione del Suicidio (International Association for Suicide Prevention, IASP) e cosponsorizzata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Numerosi gli intervenuti che si sono avvicendati tra cui: M. Amore, M. Coi, D. De Leo, S. Erracuti, P. Girardi, J. Mannu, G. Meneghel, G. Placidi, M. Pompili, M. Raja, K. Ronan, D. Rucli, M. Sarchiapone, P. Scocco, A. Siracusano, R. Tatarelli.
La WHO (World Health Organization) stima che ogni anno nel mondo muoiano un milione di persone per suicidio. Questi numeri rappresentano un tasso di mortalità per suicidio di 14,5 su 100.000 abitanti. La realtà è che ogni minuto, nel mondo, avvengono più di due morti per suicidio. In molti paesi industrializzati il suicidio può essere la seconda o la terza causa di morte tra gli adolescenti e i giovani adulti. E’ considerato inoltre essere la tredicesima causa di morte in tutto il mondo per persone di tutte le età.
Dalle relazioni è emerso che internazionalmente c’è un ampio consenso relativo ai tipi d’intervento efficaci nella prevenzione al suicidio. I piani nazionali si articolano in linee guida specifiche che vengono adattate alle necessità nazionali. Comunque, la traduzione di questi impegni richiede un’efficace applicazione a livello locale, dove i piani nazionali devono essere adattati ed applicati allo scopo di distinguere le specifiche necessità ecologiche, economiche e culturali delle singole comunità. Inoltre, mentre gli sforzi nazionali e globali possono necessitare anche di anni per portare degli effettivi miglioramenti, gli sforzi comunitari possono avere dei tempi decisamente più ristretti.
E’ stato forte il messaggio di sensibilizzazione rivolto all’intera comunità che è emerso dal congresso, e cioè quello che evidenzia che “La prevenzione del suicidio è un campo d'interesse ancora giovane. Nonostante il gran numero di ricerche dedicate ai fattori di rischio e ai comportamenti suicidari, solo recentemente i dati emersi da questo tipo di ricerche si stanno trasformando in programmi dedicati alla prevenzione e alla riduzione del rischio. E’ necessario pertanto che gli enti, le associazioni a scopo benefico, le comunità, i ricercatori, i clinici, i medici di base, i politici, i volontari e tutti coloro che hanno avuto a che fare con il suicidio, indirizzino l’attenzione sul peso inaccettabile e sui costi delle condotte suicidarie, e promuovino la comprensione del suicidio mettendo in primo piano attività di prevenzione più efficaci”.
Un dato interessante di recenti studi è che il più forte fattore di rischio per il comportamento suicidario nei paesi ad alto reddito è il disturbo mentale, dove invece un disturbo associato al controllo degli impulsi è il fattore più forte negli studi in paesi a basso reddito. Queste scoperte, emerse da studi globali, evidenziano il fatto che il comportamento suicidario è un fenomeno complesso e solitamente una sola causa non è sufficiente a spiegare un atto suicidario.
Durante gli ultimi tre decenni la raccolta di elementi di conoscenza in ambito di suicidio, hanno portato alla raccolta di elementi di tipo biologico, culturale, psicologico e contestuale che possono influenzare il rischio di suicidio. Tutti questi svariati fattori di rischio tendono ad agire in maniera cumulativa sull’aumento del rischio di suicidio. Il fatto che esistano cause multiple per il comportamento suicidario, e non solo una immediatamente identificabile con un alto rischio di suicidio, implica il fatto che l’azione preventiva debba essere pertanto applicata su diversi fronti e che ognuno di questi provvedimenti possa portare a dei benefici nella diminuzione del rischio di suicidio.
“Pensare globalmente, pianificare razionalmente, agire localmente è di particolare rilevanza se si considerano le applicazioni locali di piani nazionali per la prevenzione del suicidio e lo sviluppo di attività di prevenzione ad un livello locale dove piani nazionali non esistono”.
Cosa si fa in ToscanaSembra emergere nelle zone montane della Toscana un forte di rischio di disagio sociale più evidente nei maschi, residenti in aree collinari interne, rurali, a bassa densità abitativa e poco popolate. Sono numerosi gli aspetti di criticità che influiscono sulla qualità della vita di coloro i quali vivono in queste zone; un esempio giunge dalle recenti ricerche effettuate sul fenomeno del suicidio all’interno della Regione Toscana che evidenziano numeri preoccupanti soprattutto in prossimità di alcune aree montane, dove è stato rilevato un tasso di suicidio a tratti superiore alla media regionale.
Alla luce di questo l’UNCEM Toscana in accordo con la Regione Toscana (assessorato Politiche Sociali e Sanità) ha deciso di intraprendere un percorso di intervento sperimentale nelle zone montane che vada a rilevare, spiegare scientificamente e intervenire operativamente su fattori di criticità quali l’isolamento sociale, l’uso problematico di alcool e la violenza sulle donne e sui minori, fattori che possono essere correlati positivamente al fenomeno suicidario.
Nei quindici anni del periodo di osservazione 1987-2001, in Toscana sono stati registrati 4.847 decessi per suicidio (circa 323 morti per anno), equivalenti ad un tasso grezzo di 9,1 decessi ogni 100.000 abitanti. Rappresenta il 17,4% dei decessi per traumi, cioè la terza causa di morte violenta dopo cadute (34,2%) e incidenti stradali (28,3%). I valori più elevati, significativamente maggiori della media regionale, si registrano nei territori dell'USL di Siena (9,2 x 100.000 ab., CI95%: 8,3- 10,1) e di Grosseto (8,3 x 100.000 ab., CI95%: 7,4-9,2). Al contrario, tassi significativamente inferiori a quelli regionali si riscontrano nelle USL di Massa Carrara (5,5 x 100.000 ab., CI95%: 4,7-6,3), di Lucca (5,5 x 100.000 ab., CI95%: 4,8-6,3) e di Pisa (5,9 x 100.000 ab., CI95%: 5,2- 6,5). Tra i metodi suicidari, prevale l'impiccagione (34,8% dei suicidi), seguita, in ordine decrescente di numerosità, dall'arma da fuoco (20,7%), e dalla precipitazione (20,3%).
Il percorso-pilota di studio e analisi del fenomeno del suicidio si espleterà attraverso un intervento triennale 2008-2010 volto a monitorare, cioè a conoscere il fenomeno nel singolo territorio, e allo stesso tempo improntare immediate azioni di intervento e prevenzione, avviando così un percorso assistenziale terapeutico nelle aree interessate dall'indagine.
La finalità del progetto consiste nell'attivazione di un percorso specialistico terapeutico assistenziale che avrà come fine la presa in carico globale del soggetto da un punto di vista psico-medico-sociale per un reinserimento nei seguenti ambiti: ambito familiare, ambito scolastico, ambito lavorativo, ambito sociale (centri diurni, circoli per anziani, sportelli di consulenza psicologica ecc.).
L'obiettivo finale è quello di ridurre, nelle zone oggetto d’indagine, il tasso di suicidi del 10% con la prospettiva di attivare a partire dal 2011 un sistema di sorveglianza permanente a regime. Le fasi dell’intero progetto sono consultabili sul link http://www.montagnainsalute.it/on-line/Home.html, un portale dedicato allo studio-intervento, quale strumento di lavoro e interazione del Gruppo di Lavoro Regionale, operatori del settore e non.
La situazione complessiva sul fenomeno suicidario, soprattutto nelle aree interne montane toscane, deve far riflettere, ma soprattutto deve far pensare a come poter contenere un fenomeno così dilagante e allo stesso tempo micidiale che esprime un sintomo del grosso disagio che sta interessando sempre più i singoli individui ma che coinvolge l'intera società.
di Davide Lacangellera
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Ottimo articolo, complimenti Alessandro! Le cause del suicidio non sono poi così complesse...o meglio, per chi non conosce il matriarcato e ha sempre e solo studiato su libri imposti dal sistema patriarcale, di cui non si rende nemmeno conto di far parte, può essere sì complesso. Il concetto fallocratico porta inevitabilmente alle guerre e al dominio sugli atri; alcuni, che vorrebbero a loro volta dominare, non riuscendoci, ci danno un taglio...per forza, che alternative hanno? Sono convinti che il sistema patriarcale è l'unico esistente! Che dovrebbero fare? Se non riescono a passare un vita da dominatori, magari non ce la fanno ad accettare un vita da dominati! E' tutta questione di consapevolezza e di cuore! Un bel libro illuminante, anche se è solo un romanzo, è "La profezia di Celestino"; ancora, mi permetto di consigliare le visione del mio blog sulle ricerche del matriarcato: http://antropoloseduantropologia.blogspot.com/. Grazie, Sara Ossola (antropologa ginocratica, ricercatrice in antropologia culturale, cognitiva e gnostica, studiosa di processi metafisici e psico-neuro-endocrino-immunologici, bio-terapista complementare)
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